[Testo] Episodio 210: Mindfulness e Responsabilità

Quando ho iniziato a praticare Mindfulness, la mia vita era un bel caos. Soffrivo senza saperlo di stress post-traumatico e di disturbo da deficit di attenzione, malattie per le quali non avevo ricevuto alcuna diagnosi. Mi odiavo profondamente ed ero molto insicura. Nulla di strano, considerati i miei vissuti e la mia infanzia. Ma è da lì che ho cominciato circa trent’anni fa.

Nel frattempo la Mindfulness mi ha dato gli strumenti e le abilità per ricalibrare la mia mente, e questo a sua volta ha aiutato il mio corpo e le mie emozioni a guarire per quanto era possibile. È un processo che prosegue ancora oggi.

È stato come passare dalle tenebre, che fino ad allora erano l’unica cosa che avevo conosciuto, alla luce.

La pratica meditativa serve in primis a calmare la mente per poter osservare cosa accade dentro di noi, e poi a correggere i nostri schemi di pensiero.

Ci tengo a dire che non è impresa facile, perché tendiamo a non notare, o forse non vogliamo notare, i pensieri autolesionisti che abbiamo in testa. Pensiamo che ignorandoli se ne andranno. Ma sono come le tenebre, ti complicano la vita finché non decidi di illuminarli con la consapevolezza e di vederli per quello che sono.

Una volta che puoi osservarli, puoi liberartene. Ma caspita, non è affatto semplice.

Ti rendi conto di essere identificato con quei pensieri sabotanti che azzerano la tua autostima. Sono sempre stati la tua vita, come puoi adesso credere a qualcosa di diverso? Come puoi lasciarli andare?

A me è successo quando ho scoperto insegnamenti che mi hanno fatto vedere la verità. Poi durante le meditazioni sono stata costretta ad affrontare quella verità. Ho meditato sull’amorevole gentilezza e ho visto che potevo rivolgerla a chiunque tranne che a me stessa. Di fronte a quella sfida ho cercato di scappare dal mio corpo, lo trovavo ripugnante. Sono rimasta colpita dalla forza di quel rifiuto, e forse quello è stato il mio momento di illuminazione. Una cosa era chiara: non avrei potuto essere felice finché non avessi cambiato quella trama.

Ad un esame più attento ho visto che gran parte dell’odio che provavo per me stessa era vergogna e senso di colpa. E il problema stava proprio lì. Mi punivo per qualsiasi cosa, era sempre colpa mia. Anche qui nulla di sorprendente: era ciò che mi ero sentita dire ogni giorno quand’ero piccola. Ma come liberarmi da quella “saggezza genitoriale” sbagliata e disfunzionale?

Ho ascoltato un insegnamento sulla responsabilità e ho capito che il senso di colpa è il suo opposto. Il senso di colpa ha a che fare con il punire sé stessi. Responsabilità invece vuol dire riconoscere ciò “a cui possiamo rispondere”. Il significato è nella parola stessa, ma ciò nonostante sembriamo non capirlo e confondiamo responsabilità con colpa, il che non ci aiuta per niente.

L’anticamera della compassione per noi stessi è renderci conto che non abbiamo colpe per i nostri errori, ma abbiamo la responsabilità di imparare da quegli errori. Lascia che ti spieghi meglio.

Siamo tutti influenzati, e per certi versi controllati, da un’infinità di condizionamenti, molti dei quali inconsci. Questo finché non pratichiamo Mindfulness e iniziamo a riconoscere quei condizionamenti e a disinnescarli. A quel punto possiamo permetterci di liberarcene e di riconoscerli come non veri.

Alcuni di quei condizionamenti sono verbali, ma molti sono di natura energetica e comportamentale. Ci vuole tempo per disinnescarli. In questo senso perdonati il fatto di non essere un superuomo, utilizza la pratica per sviluppare gradualmente consapevolezza di te e dei tuoi comportamenti, assumiti la responsabilità di tutto ciò a cui puoi rispondere, e lascia perdere il resto. È un processo basato sull’abitudine: più lo ripeti, più la tua mente si affina e più ti incammini verso la liberazione.

Che arriverà.

È il viaggio di una vita, non di qualche giorno. Ma se vuoi che i cambiamenti siano duraturi affrontalo così: guardandoti dentro, illuminando la tua mente con la luce della consapevolezza, un passo alla volta. Fallo tutte le volte che puoi, ogni giorno, ogni volta che ti senti depresso accendi la tua consapevolezza e riconosci quanto quel castrare la tua energia fosse sbagliato allora e lo è ancora oggi.

Potenzialmente siamo tutti Buddha, o Dio, a seconda di come la vogliamo vedere. Siamo angeli caduti dal cielo, nascosti nell’ombra, in attesa di uscire alla luce e permettere ai nostri colori di splendere insieme a quelli di tutti gli altri.

Nel mio percorso sono stata aiutata da specialisti, ipnoterapeuti, counselor PNL e altri. Tutti hanno dato il loro contributo per sostenere il mio viaggio, ma è stata mia la scelta di fare quei progressi, mia è stata la volontà di accendere la luce della consapevolezza ogni volta che incontravo dentro di me un angolo oscuro, mia è stata la volontà di affrontare quelle bugie, di sostituirle con qualcosa di vero e reale.

Non voglio sottovalutare le difficoltà che ho incontrato e tutto quello che ho passato per arrivare a questo risveglio. È dura e ci vuole coraggio, ma in fin dei conti meglio liberarsi dell’oscurità piuttosto che rimanerci intrappolati dentro.

Per quanto lo desideri, non potrò mai “aggiustare” la vita di un altro essere umano al posto suo. Soffro per il dolore che vedo negli altri, ma così come so che nessuno può fare il lavoro per me, so anche che io non posso farlo per loro. È loro responsabilità, e dipende dalla loro capacità di relazionarsi al buio che hanno dentro, a ciò che passa nella loro mente. Dipende dalla loro capacità di rimuovere le bugie che abitano quel buio e avvelenano le loro vite.

Sono ben lontana dall’essere perfetta e “a posto”. Ma so bene come prendermi le mie responsabilità ed è una cosa davvero liberatoria. Non mi incolpo di nulla, semplicemente imparo dai miei errori, riconosco quali parti di me sono in gioco e quali no, e vado avanti. Ormai ho passato la sessantina e questa vita spensierata da studiosa di me stessa mi diverte un sacco.