[Testo] Episodio 225: La Mindfulness Raccontata dal Buddha

Nel discorso più famoso del Buddha sulla Mindfulness, il Satipatthana Sutta, c’è una frase che si ripete diverse volte.

Ho ascoltato l’intero discorso nella sua versione originale in lingua Pali. Volevo approfondire il significato e lo spirito di quelle parole, e una frase in particolare mi è rimasta più delle altre impressa nella mente.

Atapi sampajjano satima è un vero e proprio ritornello del sutta, ed è forse la definizione più sintetica di Mindfulness data dallo stesso Buddha. Al giorno d’oggi la Mindfulness è fortemente commercializzata, e a volte il suo significato originario rischia di essere oscurato.

Ecco perché chiarire il senso che si nasconde dietro queste tre parole mi ha aiutato così tanto. E spero possa aiutare anche te.

Atapi è la prima delle tre parole, e significa ardentemente, con risolutezza, con intensità. La radice di questa parola deriva dal Sanscrito tap, che significa calore, ardore. È alla base anche del concetto di tapasya, o austerità, dello yoga, concetto che in realtà non è così spaventoso come sembra.

Atapi è un aumento del livello di intensità della pratica, che fa sì che usciamo dai nostri schemi abituali, ed entriamo in uno stato di maggiore apertura e disponibilità, più orientato alla nostra crescita personale.

Coltivare Mindfulness più intensamente vuol dire essere pronti a osservare tutte le impurità che possono emergere dalla pratica. È un processo di purificazione, dove le impurità prima vengono alla luce e poi spariscono, come accade quando un minerale ferroso viene scaldato e lavorato per estrarre il metallo puro.

Senza intensità la pratica non può esprimere tutto il suo potenziale. E non può farci raggiungere i livelli di profondità descritti dal Buddha.

Sampajjano è la seconda delle tre parole, e significa totalmente presente, con piena comprensione.

La radice sam indica pienezza oppure ordine. Pajjano si riferisce a una comprensione o comprensione contestualizzata. Quello che cerca di descrivere il Buddha è uno stato mentale in cui sai esattamente in ogni momento ciò che è opportuno dire o fare.

A seconda della tradizione, tale comprensione deriva dall’analisi del sorgere e svanire dei fenomeni. Tutti i fenomeni sono impermanenti, privi di un sé e insoddisfacenti. L’osservare queste tre caratteristiche dell’esistenza piano piano dissolve il nostro attaccamento e la nostra identificazione con le cause della sofferenza.

Se siamo consapevoli del contesto in cui ci troviamo, gli insegnamenti del Buddha possono diventare una potente medicina per il nostro benessere.

Satima è la terza delle tre parole, e significa tenere a mente, ricordare.

La parola sati, in lingua Pali, significa letteralmente “ricordo”. Non corrisponde tanto alla Mindfulness come la intendiamo oggi, cioè essere appieno nel momento presente. Si riferisce piuttosto a uno stato di consapevolezza più ampio, senza tempo, omnicomprensivo.

Uno stato in cui possono coesistere il ricordo di eventi passati e un forte radicamento nel presente. E in cui è anche possibile pianificare il futuro, ma senza perdercisi dentro.

Tutto questo richiede un’espansione non banale del nostro modo di essere. Richiede in ogni momento di essere consapevoli del nostro passato, del nostro presente e del nostro futuro, invece che saltare da uno all’altro compulsivamente senza rendercene conto. Satima vuol dire allora ricordarsi di mantenere questo stato costantemente, in modo che il processo di purificazione possa continuare.

Quando mi sono accorto di quanto le mie abitudini, le mie fragilità e la mia pigrizia stessero indebolendo la mia meditazione, sono tornato alle origini e ho trovato negli insegnamenti del Buddha un bendiddio di ispirazione per rinvigorire la mia pratica.

Spero che continuare a imparare e a condividere ciò che imparo possa essere di beneficio per altre persone.

Possano tutti gli esseri vivere felici.