[Testo] Episodio 121: La Mindfulness Da Sola Non Basta

Al giorno d’oggi è possibile leggere di Mindfulness in ogni angolo di Internet. Mindfulness sul posto di lavoro, Mindfulness per dimagrire, Mindfulness nelle relazioni…ormai sembra essere diventata il sacro Graal dell’auto-aiuto.

Il perché di questo fatto mi è abbastanza chiaro. La Mindfulness è considerata una competenza a sé stante che una volta acquisita impatta automaticamente su tutte le altre aree della nostra vita. Se diventi più consapevole, tutto il resto va a posto da sé.

Questo approccio però comporta due problemi. Il primo è che la Mindfulness non è qualcosa che ottieni. Non c’è un obiettivo da raggiungere. È una pratica che va avanti tutta la vita e non ha traguardi prestabiliti.

Il secondo è che spesso non ci rendiamo conto che perché la Mindfulness possa essere di beneficio, è necessario integrarla con altre competenze. La Mindfulness non è separata da qualità umane come la compassione e la pazienza. Se la trattiamo come se lo fosse, rischiamo di non cogliere il nocciolo della questione.

Secondo Laurence Kirmayer, professore di psichiatria presso la McGill University, “nelle culture dove ha avuto origine, la Mindfulness fa parte di un sistema più ampio di credenze e pratiche buddiste dove etica e moralità sono elementi fondanti. Togliere la Mindfulness dal contesto sociale in cui è nata potrebbe cambiarne la natura e gli effetti”.

Nei moderni contesti clinici e di auto-aiuto, la definizione standard di Mindfulness è quella data da Jon Kabat-Zinn nel suo libro Vivere Momento per Momento:

Mindfulness è la consapevolezza che emerge dal prestare attenzione di proposito, nel momento presente e in maniera non giudicante, allo svolgersi dell’esperienza, momento dopo momento.

Questa definizione viene spesso banalizzata trascurandone la componente non giudicante. Nella mia esperienza, quando qualcuno parla di Mindfulness di solito si riferisce principalmente all’elemento “momento presente”, mentre tende a considerare secondari quelli riguardanti l’intenzionalità e il non giudizio. Questo è solo un esempio di come tendiamo a ipersemplificare un concetto che la cultura occidentale ha già reso piuttosto asciutto.

Secondo il paradigma che va per la maggiore in Occidente, la Mindfulness è un percorso autosufficiente, completo in sé. Nella tradizione buddista dove ha avuto origine, invece, la Mindfulness è il settimo elemento del Nobile Ottuplice Sentiero, che a sua volta è la quarta delle Quattro Nobili Verità. Credo che questo ci possa fornire una prospettiva nuova.

In origine la Mindfulness era parte di una complessa dottrina per il buon vivere. Tutti gli elementi di questa dottrina erano collegati e si davano forza reciprocamente. Invece del sacro Graal, la Mindfulness era una delle molteplici qualità raccomandate.

Uno dei motivi per cui in Occidente facciamo fatica a comprendere i reali benefici della Mindfulness è che nella nostra cultura le altre qualità ad essa correlate, come gentilezza e compassione, non sono così popolari. La Mindfulness viene proposta al di fuori del più ampio contesto in cui ha avuto origine. Questo talvolta genera nel neopraticante occidentale resistenza, fatica e frustrazione non necessarie. Ad esempio, sempre Kirmayer afferma che “il concetto di non-Sé è in evidente contrasto con i valori dell’individualismo occidentale che cercano di coltivare, amplificare ed enfatizzare il sé personale. La poca attenzione dedicata alla dottrina del non-Sé in Occidente, quindi, non è casuale ma riflette il contesto culturale in cui vengono introdotte le idee buddiste”.

Un caso eclatante di sradicamento della Mindfulness dal suo contesto originale per essere innestata in un contesto occidentale è quello del suo utilizzo in ambito militare per aumentare la concentrazione e ridurre la distrazione dei soldati. Secondo alcuni studi la Mindfulness in questo senso si è rivelata efficace e ha migliorato le prestazioni delle forze armate.

Se da un lato gli esperti di buddismo possono confermare che quelli sono effettivamente tra i risultati attesi dalla pratica della Mindfulness, dall’altro credo che definirebbero il miglioramento delle abilità cognitive più come un semplice effetto collaterale, che si manifesta naturalmente lungo il percorso di pratica. In ambito militare l’approccio è molto più utilitaristico. Il contesto militare trasforma la Mindfulness in qualcosa di più simile a uno strumento che serve a un ristretto gruppo di persone per rispondere a specifiche necessità.

La domanda fondamentale però è la seguente: se la Mindfulness viene utilizzata per allenare le capacità mentali dei soldati, è ancora coerente con la Quarta Nobile Verità del buddismo che parla di riduzione della sofferenza? Personalmente, mi sembra di no. Inoltre, utilizzata in un contesto militare la Mindfulness perde quel legame con le altre qualità del cuore di cui ho già accennato.

E quando questo legame si spezza, è più che lecito chiedersi se stiamo ancora parlando della stessa pratica.

Kirmayer prosegue dicendo: “gli insegnamenti del buddismo Theravada affermano che sperimentare in prima persona e in modo lucido e diretto l’impermanenza di tutte le cose modifica profondamente la nostra relazione con noi stessi e con gli altri. La tesi è che il praticante di Mindfulness può scoprire da solo queste verità. Ma queste verità sono auto-evidenti o richiedono una base culturale su come interpretare le esperienze e trarne le opportune conseguenze?

Praticare Mindfulness ci permette di notare più cose. Ma anche cosa fare con ciò che notiamo ha una grande importanza.

Per esempio, una persona depressa, rispetto a una sana, può essere più consapevole dei propri pensieri ed emozioni negative e avere una percezione più accurata di sé stessa. D’altra parte, una maggiore consapevolezza delle proprie carenze o delle proprie vulnerabilitá di solito è proprio ciò che porta quella persona a cadere nella spirale depressiva. Rimuginare immaginando continuamente scenari negativi non giova a nessuno. Di fatto è proprio l’opposto di quello che la Mindfulness promette di ottenere.

Quando coach ed esperti di auto-aiuto raccomandano la Mindfulness, di solito si riferiscono a un insieme di qualità che ne supportano l’efficacia. Queste qualità ti permettono non soltanto di notare ciò che accade dentro e fuori di te. Ti danno anche gli strumenti per rispondere, sia alle esperienze salutari che a quelle poco salutari, in modo da favorire la tua evoluzione personale. Allo stesso tempo ti orientano verso la riduzione della sofferenza, la tua e quella del mondo.

Il fatto è che parliamo poco di queste qualità che sono a corollario della Mindfulness. Vi segnalo quelle che ritengo cruciali, e che corrispondono anche al Nobile Ottuplice Sentiero buddista.

  1. NON ATTACCAMENTO: notare le esperienze piacevoli e quelle spiacevoli è una pratica che deve essere sostenuta dalla profonda comprensione che tutto cambia. Questa consapevolezza ti aiuta a superare i momenti negativi della vita, e a non aggrapparti a quelli positivi. Nel tempo, può portarti anche a smascherare l’illusione di un ego immutabile, perché ti rendi conto che in ogni momento il tuo essere è fluido e dipende da cause e condizioni.
  1. EQUANIMITÀ: quando realizzi che nulla è permanente, diventa anche più facile astenersi dal privilegiare certe esperienze rispetto ad altre. Questa è la vera equanimità. Se solo osservi le tue esperienze come fossero un film che ti scorre davanti agli occhi, diventa più naturale considerarle tutte ugualmente valide.
  1. INTENZIONE CONSAPEVOLE: la Mindfulness porta più beneficio quando sai perché la stai praticando. Conta anche il fatto che la tua intenzione sia coerente con tutti gli altri elementi del sentiero. Ad esempio, se vuoi affinare le tue competenze cognitive solo per dimostrare che sei più bravo di un tuo collega al lavoro, questo probabilmente non è in linea con la tua intenzione di amarti di più. Se cerchi di ottenere entrambe le cose con la Mindfulness, senza renderti conto di come una contraddice l’altra, continuerai a sabotare tutti i tuoi sforzi. Almeno finché non ti accorgi di cosa stai facendo.
  1. IMPEGNO ALLA RESPONSABILITÀ: i corrispettivi di questa competenza nel Nobile Ottuplice Sentiero sono la retta parola, la retta azione e il retto modo di vivere. Sono importanti perché rappresentano la manifestazione concreta delle tue realizzazioni interiori. Alla lunga, qual è il beneficio di osservare in piena presenza i tuoi comportamenti disfunzionali se poi però non ti impegni mai per modificarli? Responsabilità personale significa agire in base a ciò che emerge durante la meditazione.
  1. COMPASSIONE E RINFORZO POSITIVO: queste sono le competenze che di solito mancano a chi soffre di depressione. Con l’aumentare della consapevolezza inizi a notare pensieri disturbanti, emozioni difficili e aspetti di te che magari non hai mai voluto vedere. Hai bisogno di compassione per rispondere in modo gentile e non giudicante. E hai bisogno di rinforzi positivi per abituarti a coltivare ciò che è salutare e lasciare andare ciò che non lo è.
  1. FARE SPAZIO ALLA PRATICA: questo è l’aspetto se vogliamo più tecnico. Si tratta di trovare il tempo per praticare nelle nostre giornate super impegnate. La consapevolezza può sorgere spontaneamente, ma per la maggior parte di noi questi episodi spontanei non bastano per produrre un cambiamento duraturo.

Sono stupita e grata per il fatto che la meditazione e la Mindfulness si stiano diffondendo così tanto. Non la considero una tendenza passeggera, ma piuttosto un’opportunità straordinaria per permettere all’umanità di progredire. Con tutti i problemi di natura economica, sociale e ambientale che ci troviamo ad affrontare, non possiamo più permetterci di agire ciascuno per conto proprio.

Coltivare la Mindfulness ci offre la possibilità di vedere all’opera la legge di causa – effetto, così come di percepire l’intima connessione che ci unisce l’uno con l’altro. Per questo credo che la Mindfulness possa essere uno dei fattori cruciali per il benessere e la prosperità – e forse anche per la sopravvivenza – della razza umana.

Per cogliere appieno il suo significato dobbiamo anche comprendere che la Mindfulness può davvero fiorire solo quando è associata alle altre competenze del buon vivere. Si tratta di qualità umane universali che da secoli vengono promosse da filosofi e maestri spirituali. Compassione, equanimità e capacità di fluire con il cambiamento sono concetti per niente nuovi. Ciascuno di noi dentro di sé ne conosce il potere. Solo che ogni tanto le mettiamo da parte, specialmente quando ci sembra più facile agire in preda al giudizio o al desiderio.

Ma se scegli di praticare Mindfulness, non serve farlo estrapolandola da tutto il resto. I principi del buon vivere sono noti da tempo e non dovrebbero essere ignorati. Farne buon uso integrandoli con la tua accresciuta consapevolezza può portarti a vivere esperienze fino ad oggi inaccessibili.