L'arte di prestare attenzione

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Viviamo in un mondo che va di fretta. Un mondo disattento. E le conseguenze le vediamo nel piccolo e nel grande, nelle nostre vite quotidiane e su scala planetaria.

Alain De Botton, nel suo libro L’arte di viaggiare, scrive: “Per comprendere meglio quanto sia grande la nostra abitudine alla disattenzione, immaginiamo cosa penserebbe di noi la gente se ci vedesse fermi a osservare un oggetto o un luogo per il tempo teoricamente necessario a disegnarlo: come minimo che siamo strani, magari anche un po’ pericolosi. Per disegnare un albero occorrono almeno dieci minuti di concentrazione totale, eppure anche davanti al più bello degli esemplari raramente ci tratteniamo più di un minuto”.

A mio avviso in ogni ambito, personale, professionale e istituzionale, è oggi più che mai urgente la necessità di prestare maggiore attenzione: a noi stessi, agli altri, alle nostre relazioni, a quello che facciamo, a come lo facciamo.

Negli ultimi trent’anni la Medicina ha imparato che il misterioso equilibrio dinamico che chiamiamo “salute”, intesa come benessere mentale e fisico, può essere migliorato con specifiche qualità di attenzione che offrano sostegno, ristoro, guarigione. E che ci permettano di accedere a un’intelligenza innata, enorme e dalle molte sfaccettature, che arriva ben oltre quella meramente concettuale e raccoglie in sé risorse interiori che ci appartengono in quanto esseri umani e che sono a nostra disposizione per tutto il corso della vita. Solo, le abbiamo un pò dimenticate.

Se siamo motivati a farlo, queste qualità di attenzione possono essere riscoperte, coltivate e affinate. L’arte di prestare attenzione consiste allora nel realizzare una presenza, una mindfulness e una gentilezza consapevoli e corporee, autentiche. Queste qualità sono continuamente sviluppate e assimilate attraverso la pratica. Ed è tutto questo che, alla fine, ci trasforma in studiosi della nostra stessa esperienza, se abbiamo la volontà di praticare con curiosità, determinazione, apertura mentale e, perché no, senso dell’umorismo.

E’ il viaggio di una vita.

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