[Testo] Episodio 168: Mindfulness? Semplice e Trasformativa

Dimentichiamoci per un attimo tutti gli studi usciti negli ultimi anni che collegano la Mindfulness ad una riduzione dello stress e ad altri effetti benefici sulla mente e sul corpo. Lasciamo perdere le ricerche che dimostrano gli effetti della meditazione sul cervello umano, il fatto che riduce l’ansia e favorisce l’emergere di qualità come l’amorevole gentilezza. E dimentichiamoci anche di tutte le tradizioni spirituali che collegano la meditazione a concetti come coscienza unificata o esperienza divina.

Dietro la Mindfulness c’è un’idea molto semplice che a mio parere è indipendente sia dai suoi effetti benefici sulla salute psico-fisica che dai discorsi metafisici. Lo scrittore e neuroscienziato americano Sam Harris la paragona all’esperienza di rilassarsi mentre si legge un libro: rilassarsi può essere un piacevole effetto collaterale, ma non ha quasi nulla a che vedere con il contenuto del libro e il motivo per cui lo leggo.

La Mindfulness è un fondamentale cambio di prospettiva nei confronti della vita e della natura della realtà.

Ci sono sostanzialmente due modi di vivere: il primo è raccontare a noi stessi e agli altri chi siamo e cosa facciamo. Viviamo in un certo posto, facciamo un lavoro, abbiamo degli hobby e crediamo in certi valori. Abbiamo un’idea di noi stessi e plasmiamo la nostra vita in una storia coerente con quell’idea.

E poi c’è la nostra vita come di fatto si manifesta momento dopo momento. Può sembrare assurdo, ma la vita così come accade realmente è difficile da notare, e possiamo passare giorni, settimane o l’intera esistenza senza esserne consapevoli.

La nostra percezione della realtà è offuscata principalmente da due elementi: i preconcetti che ci sono stati inculcati sia da noi stessi che dalla società in cui viviamo, e il nostro desiderio costante di semplificare il mondo inscatolandolo in categorie. Il nostro cervello costruisce continuamente modelli concettuali della realtà. Gli servono per poter gestire meglio la complessità del mondo. Questi modelli da un lato sono estremamente utili e rappresentano uno dei risultati più importanti dell’evoluzione umana, dall’altro fanno sì che le nostre vite siano sempre più influenzate da concetti astratti. In pratica, rischiamo di passare la maggior del tempo prigionieri di idee e convinzioni su noi stessi e il mondo.

Il filosofo tedesco Edward Husserl, padre della fenomenologia, fonda la sua indagine filosofica del mondo sull’idea di epoché, uno stato di sospensione del giudizio libero da preconcetti. La domanda da cui parte Husserl è: come sarebbe la nostra percezione della realtà se abbandonassimo ogni forma di giudizio e osservassimo ciò che accade così com’è senza costringerlo in alcuna struttura concettuale?

L’idea di coltivare questa attitudine di non giudizio è certamente più antica di Husserl. È anche alla base ad esempio della meditazione di consapevolezza, per la quale rappresenta la condizione a cui ritornare continuamente. Si fonda sull’idea quasi infantile di raggiungere uno stato di innocenza cognitiva. Nel buddismo Zen viene chiamata mente di principiante. Perché in un certo senso con la meditazione non puoi mai considerarti arrivato. Questo infatti invaliderebbe il suo senso più profondo, e cioè che pensare che sei un bravo praticante è una delle tante storie che ti racconti, è un filtro attraverso il quale incontri la realtà.

Quindi quando mediti, fallo sempre come se fosse la prima volta.

Per molti di noi, le prime esperienze con la Mindfulness possono essere parecchio sorprendenti. Il mondo che fino a poco prima eravamo convinti di aver capito, compresi noi stessi, ora assume connotati del tutto nuovi.

Davvero i miei pensieri sono così se li osservo più da vicino?

Man mano che approfondisci la consapevolezza, molte credenze che davi per scontate, si dissolvono. I concetti di spazio e di tempo, così come il concetto di un Sé autonomo e separato, perdono consistenza. Inizi a percepire te stesso e i tuoi pensieri come fenomeni impermanenti che sorgono e svaniscono senza che tu li possa controllare. Nel respiro, volontarietà e involontarietà coesistono: se da un lato puoi respirare volontariamente, dall’altro puoi anche osservare passivamente il tuo respiro. Anche se vuoi smettere di respirare, non puoi. E lo stesso discorso vale per i tuoi pensieri e per qualsiasi altra cosa nel mondo.

Per quanto realtà e pensieri esistano attraverso di te, di fatto non ne sei tu la causa.

Con la Mindfulness l’Ego piano piano lascia andare la sua presa sul mondo. E il mondo, liberato da quella presa, ne esce profondamente trasformato.

Per quanto mi riguarda, rendermene conto è una perenne e infinita sorpresa. Perché meditando ogni volta come se fosse la prima, questo senso di meraviglia non passa mai. Certo, è facile cadere nelle vecchie abitudini, farsi prendere da Maia, dal mondo delle apparenze come lo chiamano i buddisti, ma può anche essere semplice e meraviglioso abbandonare quelle vecchie abitudini e vedere le cose in modo nuovo.

Non penso sia necessario raggiungere l’Illuminazione o diventare un guru che medita in una caverna per tutta la vita. L’Ego e le storie che ci raccontiamo su noi stessi sono strumenti importanti per organizzare la società e la nostra vita. Non dobbiamo necessariamente sbarazzarcene.

Detto questo, però, anche un piccolo cambiamento verso una vita più consapevole può essere trasformativo e avere un valore enorme. Da quando ho iniziato a meditare dieci anni fa, la mia vita è molto migliorata. E questo grazie a un costante sottofondo di consapevolezza che ha sempre arricchito, e mai impoverito, la mia esperienza.

Ciascuno di noi è più o meno in sintonia con la Mindfulness, e ciascuno di noi ha bisogno di un tempo diverso perché scatti quel qualcosa di speciale. Ciononostante sono convinto che chiunque, indipendentemente dal suo background spirituale e culturale, possa sperimentare questo senso di meraviglia. E credo che chiunque possa cogliere attimi di realtà con gli occhi di un principiante.