[Testo] Episodio 065: La Mindfulness Non E' Una Panacea

Mi sono trovato in una di quelle situazioni dove sei seduto in un bar e non puoi fare a meno di origliare i discorsi delle persone sedute vicino a te. All’inizio le ho sentite lamentarsi di una certa scuola, poi sono passate a dire che ora la Mindfulness è diventata materia di insegnamento.

Ho prestato più attenzione. Parlavano di Mindfulness ed ero d’accordo con gran parte di quello che dicevano: ormai è sulla bocca di tutti; in alcune aziende ci fanno corsi di formazione ai dipendenti; per qualcuno è una bella opportunità di business. “Sembra essere diventata la panacea di tutti i mali” ha concluso una delle mamme.

La conversazione è finita improvvisamente con l’arrivo dei pasticcini. Quanti ascolti furtivi si sono interrotti in questo modo? Ma questo è un altro discorso. Il punto è che all’inizio sono stato un po’ critico. Ho pensato “non è certo colpa della Mindfulness se in certi ambienti è stata malintesa o manipolata”. A quel punto però ho fatto alcune riflessioni.

Il terzo principio della dinamica formulato da Newton afferma che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Singolare come tale principio sia applicabile negli ambiti più disparati. Quello di Mindfulness è un concetto antico, ma non appena ha iniziato a diffondersi, almeno in epoca moderna, si sono avute importanti conseguenze. Naturalmente ci si è posti – e ancora oggi ci si pongono – delle domande del tutto ragionevoli. Se la Mindfulness produce i benefici che le vengono attribuiti, in che modo ciò avviene? Cosa provoca nel cervello? Può avere controindicazioni?

Queste domande ne portano con sé altre, diverse. In un pezzo sulla Mindfulness pubblicato da The Guardian, la giornalista Dawn Foster si è chiesta se sia tutto oro quello che luccica. Per molti aspetti il suo articolo evidenzia un aspetto che io stesso considero cruciale. La Foster racconta di aver partecipato a un evento aziendale di Mindfulness e di aver provato durante la meditazione “paura e ansia di poter svenire”, sensazioni che le sono rimaste addosso anche dopo la fine della pratica. Il suo approccio giornalistico l’ha portata a chiedersi se anche altri avessero avuto un’esperienza simile. Nell’articolo cita diverse fonti tutte concordi nel riportare un certo livello di disagio conseguente alla pratica di Mindfulness. La Foster sottolinea anche un aspetto che caratterizza diverse terapie cosiddette “alternative”, ovvero la mancanza di certificazione di molti trainer di Mindfulness.

Dovremmo quindi liquidare la Mindfulness come una semplice moda che stiamo imparando a conoscere meglio? C’è un lato oscuro che richiede di essere trattato con cautela? Viviamo in un’epoca in cui queste ipotesi possono essere validate con dati scientifici, di solito sotto forma di studi clinici controllati e randomizzati. Valutiamone alcuni allora, con la necessaria premessa che quelli disponibili sono pochi e piuttosto distanziati nel tempo. A tutt’oggi le informazioni su ciò che provoca reazioni avverse in certi praticanti sono scarse. In questo senso quindi il giudizio è ancora sospeso.

Le prove a sostegno degli effetti benefici della Mindfulness invece ci sono. Un articolo di Elizabeth Hodge e colleghi pubblicato sul Journal of Clinical Psychiatry descrive gli effetti benefici della Mindfulness nel disturbo d’ansia generalizzato, tra tutti una più elevata soglia di sensibilità allo stress. Sulla rivista Neuropsychiatric Desease and Treatment, Li-Qun Wang e colleghi riportano una marcata riduzione dei sintomi in pazienti psicotici.

Se allora esiste effettivamente un problema, ha a che fare con la Mindfulness in quanto tale o con la tendenza diffusa a considerarla come la panacea di tutti i mali? Nell’ottobre 2017 Scientific American ha pubblicato un interessante articolo intitolato Dove Sono Le Prove Che La Mindfulness Funziona? Il suo contenuto può essere sintetizzato così: al momento mancano dati scientifici sui suoi effetti e sulla sua efficacia. In alcuni studi clinici gli effetti della Mindfulness sono stati descritti come “irrilevanti”, mentre in altri la sua efficacia è supportata da una vasta mole di evidenze scientifiche.

In parte questo dipende anche dal significato che diamo alla parola Mindfulness, che non sempre è univoco. Chiedete in giro cosa significhi Mindfulness, e ciò che otterrete andrà da un’alzata di spalle a una risposta circostanziata. Anche in questo secondo caso emergeranno comunque punti di vista differenti. Per alcuni Mindfulness è semplicemente sinonimo di consapevolezza, per altri sia il suo significato che la sua portata sono molto più profondi. Per quanto riguarda le evidenze scientifiche, credo sia importante mantenere un atteggiamento molto aperto. In troppi rivendicano risultati, a favore o contro la Mindfulness, senza aver prima atteso un riscontro scientifico. La scienza necessita di tempo, ma come ben ci ricorda la Mindfulness, in questo campo sembra regnare una certa anarchia.

È improbabile che la Mindfulness possa dare una risposta a tutti i malanni e i malesseri della nostra mente. E nemmeno fornirà una risposta a quelle organizzazioni che la propinano ai propri dipendenti costringendoli a praticarla. Situazione che sa molto di equivoco e di palliativo. In tali contesti sarebbe probabilmente molto più utile chiedersi perché si senta il bisogno di introdurre la Mindfulness e magari provare a ridurre alcuni dei fattori che provocano stress.

Cercare di dare una risposta ci porterebbe probabilmente fuori strada. In quella che ormai è diventata un’industria multi miliardaria, a mio giudizio il punto davvero importante da chiarire è molto semplice: “cosa possiamo ragionevolmente aspettarci dalla Mindfulness, per quel che riguarda i suoi benefici e i suoi limiti?”. Nel frattempo non dobbiamo demonizzare oltremodo ciò che ancora non comprendiamo appieno. Personalmente credo ci siano molte ottime ragioni per praticare Mindfulness e molti benefici da poterne trarre.