[Testo] Episodio 021: La Zona Grigia

Il Buddismo definisce “Via di Mezzo” il sentiero che conduce a trascendere la dualità. Personalmente trovo più facile orientarmi nella vita di tutti i giorni immaginando tale sentiero come una “zona grigia”. Mi piace l’antico detto Zen che “le cose non sono come sembrano, ma non sono neanche diverse”. Per molti questa ambiguità crea disagio, specialmente per noi occidentali che siamo fortemente condizionati da valori quali l’ambizione e la produttività. A volte rimaniamo intrappolati nella convinzione che X è X e Y è Y, quando in realtà ogni scelta comporta una miriade di conseguenze che non possiamo in alcun modo prevedere. Semplicemente non è possibile prendere la decisione “giusta”, perché “giusto” è un concetto astratto e non possiamo sapere a priori cosa accadrà realmente.

È questo ciò a cui si riferiva Dogen quando scriveva dell’andare oltre le preferenze e le discriminazioni. È questo che intendeva Huang Po quando diceva che il vero dharma esiste al di là del pensiero concettuale. Molti pensatori, da John Locke agli antichi bramini, ci hanno incoraggiato a evitare gli estremi e a percorrere la Via di Mezzo. Ciò che mi ha aiutato a esplorare un argomento così complesso è stato il desiderio di arrivare alla radice ideologica del pensiero dualistico.

Il conflitto tra percezione e realtà è il conflitto tra idee e verità. Verità è la purezza dell’esperienza diretta, che esiste solo nel momento presente. Non appena tale esperienza viene memorizzata o prefigurata, diviene una concettualizzazione. Percezione è come interpretiamo la verità esperienziale, e quindi, per sua natura, NON è la verità stessa. Questa polarità fondamentale tra PENSIERO ed ESPERIENZA è all’origine di molte altre polarità che creiamo nella nostra mente: bene e male, amore e odio, giusto e sbagliato, felice e triste, eccetera. Durante la nostra vita di ogni giorno queste semplici categorie vengono frammentate in migliaia di minuscole sotto-categorie per etichettare la verità esperienziale.

Anche nell’ambito della pratica è facile affezionarsi alle dicotomie illuminazione/delusione, attaccamento/distacco, verità/finzione. Questo accade anche a grandi scrittori e insegnanti che predicano bene ma razzolano male, ovvero scrivono e tengono discorsi ma non meditano né sperimentano in prima persona. Questo per dire che siamo tutti profondamente impantanati nelle nostre concettualizzazioni del mondo. Di recente alcuni dei miei follower più affezionati su Twitter se la sono presa con me perché ho detto che autodefinirsi con delle etichette è un atteggiamento da sciocchi. Molti di noi trarrebbero grande beneficio dall’essere meno indulgenti con se stessi su questo punto. Mentire agli altri per apparire migliori non porta da nessuna parte, ancor meno mentire a sé stessi. Come ha detto Sawaki Roshi, spesso ci comportiamo da sciocchi, e non possiamo superare questa impasse se non prendendo atto onestamente di come ci affezioniamo a delle false idee sulla realtà delle cose.

Se meditiamo tutti i giorni, alla fine il solco fondamentale che separa il pensiero dall’esperienza, emerge. Questo è il solco che comprende tutti gli altri, la dicotomia che mette fine a tutte le dicotomie. Iniziamo a renderci conto che si, in passato le nostre idee ci hanno fatto agire da sciocchi. Forse siamo ancora degli sciocchi. Ma com’è liberatorio riconoscere questo dualismo e poterlo trascendere del tutto. Questa è l’essenza dello Zen, almeno nella mia esperienza. Per arrivarci ho dovuto praticare più che leggere.

Ritornando all’esempio iniziale, questo non significa trovare un pnto d’incontro tra X e Y, perché il compromesso toglierebbe forza ai due estremi; è invece necessario continuare a considerare X e Y come contrapposti. Significa superare completamente questa polarità ritrovando la sorgente dell’esperienza. Huang Po l’ha chiamata la “sostanza-sorgente”. Avviene nella sua forma più pura durante la meditazione, ma può accadere anche per brevi istanti durante la vita quotidiana. A volte emerge da sofferenza o estasi intense. È una sorta di distacco dionisiaco dall’idealismo, che accade quando ci immergiamo totalmente nella purezza del momento. Si tratta per certi versi di un’anomalia, soprattutto in un mondo dove non si può funzionare se non ci si affida un pochino alle idee e ai pensieri. Ma quando troviamo il modo di accedere a questa profonda verità interiore, costruiamo la forza necessaria per navigare con saggezza gli inevitabili conflitti dualistici della vita quotidiana. Arriviamo a comprendere che le decisioni sono raramente una questione di vita o di morte, e che tutte le cose tendono a ritornare verso un naturale punto di equilibrio se solo lasciamo andare le nostre idee su di esse. La realtà esiste nell’equilibrio, le idee agli estremi. Le nostre aspettative non possono mai corrispondere all’esperienza vissuta. Nuotiamo tutta la vita nelle acque torbide della “zona grigia”; non importa se indossiamo la maschera. L’unico modo per avanzare è farci pace.