Sul fiorire dell'amorevole gentilezza

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Nei moderni contesti di insegnamento della Mindfulness, essa viene definita in diversi modi: come atto del ricordare, come capacità di essere presenti momento dopo momento, o come una combinazione di consapevolezza e chiara comprensione (sati-sampajanna in lingua Pali).

Un elemento comune a tutte le definizioni è l’idea di Mindfulness come processo relazionale, ovvero Mindfulness non è soltanto sapere ciò che sta accadendo dentro e fuori di me ora, come ad esempio “sto sentendo un suono”. Mindfulness è sapere in un certo modo, ovvero senza attaccamento, senza avversione e senza delusione.

Il semplice essere consapevole momento dopo momento che sto sentendo un suono, assaporando un gusto o percependo una sensazione fisica è certamente di grande beneficio. Ma il fatto che tale consapevolezza sia libera da attaccamento, avversione e delusione è la base per intuizioni e trasformazioni più profonde e durature.

E’ proprio perché riduce nella nostra mente le reazioni abituali e dolorose di attaccamento, avversione e delusione, e perché tale riduzione è la premessa per vedere più chiaramente verità che sono sempre presenti, ma spesso nascoste alla nostra consapevolezza, come la natura interconnessa di tutto ciò che esiste, che la Mindfulness conduce a più amorevole gentilezza.

La Mindfulness è chiamata “la grande protettrice” perché è l’antidoto alla reattività con cui ci relazioniamo alla nostra esperienza. Ci protegge perché ci aiuta a rompere l’incantesimo delle storie, dei miti, delle abitudini, dei pregiudizi e delle bugie che talvolta avvolgono le nostre vite. Possiamo dissolvere quelle visioni distorte e arrivare a vedere con molta più chiarezza ciò che è vero. E quando questo accade, possiamo dare forma alla nostra vita in modo diverso.

Torniamo per un momento al sentire un suono consapevolmente. Ad esempio, il rumore di un cantiere che sta costruendo nuovi alloggi nel centro di meditazione dove stiamo praticando. Ci sono così tanti modi di sentire quel rumore. Lo sentiamo e ci riempiamo di gioia pensando alla generosità dei tanti benefattori che hanno contribuito alla realizzazione dei lavori? Lo sentiamo e ci rallegriamo per il fatto che il centro potrà ospitare ancora più praticanti? Lo sentiamo e ci arrabbiamo perché il rumore sta disturbando la nostra pratica? Lo sentiamo e malediciamo gli operai, che stanno semplicemente lavorando per guadagnarsi da vivere?

La Mindfulness ci insegna che c’è differenza tra il semplice sentire il suono e la storia che gli costruiamo attorno, e quando siamo in grado di vedere quella differenza possiamo guardare a quella storia e vedere se vogliamo perpetrarla, agire in base ad essa oppure no. Possiamo sentire il suono e diventare sempre più coinvolti, reattivi, irritati; o possiamo sentirlo e guardare alla natura dell’esperienza, a cosa sta realmente accadendo dentro di noi. Ciò non significa che non faremo mai nulla nei confronti di suoni irritanti. Significa invece che guarderemo alla nostra reazione con l’intenzione di comprenderla appieno, e capire se, di fatto, l’azione che vogliamo intraprendere è appropriata.

La Mindfulness ci invita ad essere svegli e presenti con equilibrio e serenità, sia quando la nostra esperienza è piacevole, che quando è spiacevole o neutra. Attraverso la continua coltivazione della presenza mentale vediamo la nostra abitudine all’attaccamento, all’avversione, alla delusione, e impariamo a liberarcene. E questa libertà è il terreno fertile dal quale fiorisce l’amorevole gentilezza nei confronti di noi stessi e degli altri.

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Commenti

  1. Elisabetta

    Io ci sto provando, anche se da poco, a praticare la mindfulness… ma mi sfugge come dal non attaccamento nasca la gentilezza anche verso gli altri… per me il non attaccamento significa che se tutto è impermanente e tutto passa, è inutile rapportarsi con gli altri, che tanto se ne andranno anche loro. Non mi sento spinta ad essere gentile con loro. O forse è che se non mi importa di nessuno, posso essere gentile allo stesso modo con tutti, come diceva Oscar Wilde: “È sempre facile essere gentili con le persone di cui non ci importa nulla” ?

  2. Alessandro (Autore)

    @Elisabetta nella psicologia buddista, l’attaccamento e l’avversione sono considerati inquinanti mentali. Nel momento in cui riesco a “ripulire” la mente attraverso la meditazione, creo spazio per gli stati mentali naturali della compassione, della gentilezza e dell’empatia.

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