Da tempo è in corso un dibattito tra i fautori di una Mindfulness moderna, laica e orientata al proprio benessere personale, e i puristi di tale pratica, i quali sostengono che nella cultura buddista in cui ha avuto origine, essa è parte di un sistema più ampio di valori e pratiche con una forte connotazione etica, e sradicarla da quel terreno ne può alterare la natura e gli effetti.
Da un lato è necessario tener presente che l’etica ha un ruolo importante negli insegnamenti buddisti. Dall’altro essere consapevoli che il tema è insidioso proprio perché propone un modello sul quale non tutti possono essere d’accordo. Allora mi chiedo: è possibile individuare una dimensione etica universale applicabile alla Mindfulness a prescindere dal contesto culturale e religioso in cui viene proposta? Un ponte che unisca tradizione e modernità?
A me sembra che l’obiettivo di ridurre la sofferenza propria e di tutti gli esseri viventi possa essere un buon punto di partenza. Essenziale e condivisibile, se non da tutti, almeno da molti.
Ed è quello che porto, come intenzione e come pratiche, nei corsi che conduco. Per una Mindfulness laica, si, ma non per questo ridotta a strumento di auto-aiuto.
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